di David Baroni Autore
ARCHEOMITO – E se grazie alle nuove tecnologie l’essere umano avesse scoperto l’elisir di lunga vita? È davvero possibile rallentare l’invecchiamento? Scopriamolo assieme.
All’interno delle nostre cellule ci sono i cromosomi, strutture indispensabili per la trasmissione del patrimonio genetico durante la riproduzione. A sigillo delle estremità dei cromosomi troviamo una parte che si chiama telomero, un vero e proprio cappuccio formato da micro-particelle di oro, un elemento chimico normalmente contenuto nel nostro corpo. Questi possono essere raffigurati come le estremità di plastica presenti nelle stringhe delle scarpe.
Durante la vita, questi cappucci protettivi si ossidano e si consumano, accorciandosi. La loro riduzione determina la durata della nostra vita, la longevità. Agire sui telomeri del DNA potrebbe rappresentare una chiave fondamentale per estendere la longevità umana, aprendo prospettive rivoluzionarie nell’ambito della medicina anti-invecchiamento. L’accorciamento dei telomeri dovuto all’avanzare dell’età contribuisce al deterioramento cellulare e all’insorgenza di numerose malattie. Le ricerche mostrano che interventi mirati sui telomeri potrebbero invertire questo processo, offrendo un potenziale elisir di lunga vita. Se confermata, questa scoperta potrebbe rivoluzionare la pratica medica, consentendo di contrastare l’invecchiamento e migliorare la qualità della vita in età avanzata.
Si potrebbe dire che i telomeri siano le lancette del nostro orologio biologico e che il loro ticchettio sia accelerato soprattutto quando stress e fenomeni ossidativi sottopongono il corpo a ritmi ostili.
I telomeri sono formati da sequenze di nucletoidi non codificanti e hanno il compito di evitare la perdita di informazioni durante la replicazione cellulare. A ogni divisione, di fatti, l’enzima adibito alla duplicazione non riesce a replicare la sequenza terminale e viene perciò perso un piccolo numero di nucletoidi. L’accorciamento dei telomeri è impedito da un enzima presente nelle cellule, la telomerasi. Questo enzima svolge il ruolo di riscrivere la parte finale che viene persa. Questa funzione serve proprio a garantire l’integrità dei cromosomi eucariotici.
La loro importanza risiede nella capacità di dare stabilità al DNA evitando che i cromosomi si avvolgano su se stessi o si ricombinino in corrispondenza delle estremità. Se questo accadesse si creerebbero lunghi cromosomi con due centromeri, che tenderebbero a impacchettarsi e, non potendo più andare incontro a eventi mitotici, condurrebbero alla morte cellulare.
Durante la duplicazione del DNA, la doppia elica di cui è composta la molecola è denaturata parzialmente in un punto che prende il nome di forcella di replicazione.
Il meccanismo di allungamento dei telomeri prevede una fase di sintesi e una di traslocazione.
Va specificato che in condizioni fisiologiche normali, le cellule somatiche dell’organismo umano, presentano un’attività telomerasica molto bassa, o addirittura assente.
Al contrario, in linee cellulari a proliferazione continua, come ad esempio quelle delle gonadi maschili e quelle embrionali, la telomerasi risulta essere particolarmente attiva. Pertanto, quando si riuscirà a capire l’esatto funzionamento dell’orologio biologico che scandisce il nostro tempo fisiologico, potremo controllare sia l’invecchiamento, sia combattere più efficacemente le neoplasie, poiché la cellula tumorale è essenzialmente una cellula tornata bambina e immatura, allo stato embrionale. Gli scienziati spiegano che le cellule cancerose possono dividersi all’infinito senza che i telomeri si accorcino, grazie all’iperattività dell’enzima telomerasi.
Appena nasciamo i telomeri sono integri. Questi sono circa 10.000 fino ai 25 anni, ma dato che ogni giorno le cellule si replicano e si dividono, i telomeri col passare del tempo si accorciano. A 35 anni probabilmente ne abbiamo 7500 paia, ovvero avremo perso circa il 25% della giovinezza delle nostre cellule. A 65 anni la media delle persone ne ha circa la metà ed è qui che cominciano i veri problemi. Più si accorcia la lunghezza dei telomeri più sopraggiungono stanchezza, dolori e rughe. Quando la lunghezza del telomero raggiunge il suo minimo, verso i 75 anni, la salute comincia a diventare un grosso problema.
Col passare del tempo, le nostre cellule si dividono rinnovando gli organi e i tessuti. Ma non possono eseguire l’operazione all’infinito e, presto o tardi, arriva il momento in cui non riescono più a rigenerarsi. A quel punto le cellule perdono molte delle loro funzioni e muoiono senza venir sostituite, causando l’invecchiamento degli organi.
A ogni divisione cellulare, i telomeri delle cellule figlie sono più corti rispetto a quelli della cellula madre, e così via. Quando questi continui sminuzzamenti rendono il telomero un cappuccioquasi inesistente, la cellula non si dividerà più.
In questo campo negli ultimi anni gli scienziati hanno fatto molte scoperte. Lodevole la ricerca della biologa australiana Elizabeth Helen Blackburn che il 5 Ottobre 2009 si è vista co-assegnare il premio Nobel per la medicina, insieme ai dottori Jack W. Szoastake a Carol Greider, per aver svolto egregiamente le ricerche relative alle interazioni attraverso cui i cromosomi sono protetti dai telomeri e dall’enzima telomerasi.
Agire sui fenomeni ossidativi volti a contrastare l’attività della telomerasi si può. Sembrerebbe questa una notizia sconvolgente e allo stesso tempo rassicurante; fermare il tempo non è possibile, ma lo si può rallentare.
“Trasmutare il piombo in oro”, compito caro agli alchimisti della storia, starebbe proprio a indicare che attraverso percorsi alchemici potremmo giungere a posizionare le lancette dello scorrere della vita su una modalità più conservativa.
Allo stato odierno una delle poche armi a diposizione per agire verso il ringiovanimento prevede una presa di coscienza capace di portarci alla stipulazione di patti con le abitudini di vita. Evitare il precoce consumo dei telomeri non prevede abusi: alcol, fumo, stress, strapazzi, fenomeni ossidativi in genere, fattori ambientali di inquinamento e di avvelenamento emozionale sono esclusi dalla “ricetta antietà”. Vivere alla Steve Mc Queen non è un buon esempio da adottare se desideriamo bere al calice dell’eterna giovinezza.
Attualmente sembrerebbe che siano le nostre scelte di vita a determinare la pressione dell’acceleratore che consuma e accorcia i cappuccetti dei nostri cromosomi, e ci vengono suggeriti stili di vita, o prodotti specifici, capaci di gestire la decelerazione che attiverebbe il movimento opposto, ma si brancola ancora nel buio.
Alcune osservazioni si schierano a supporto dell’ipotesi che la lunghezza telomerica sia un bio-marker per l’invecchiamento delle cellule somatiche umane. A favore di questa ipotesi ricordiamo il clamoroso caso della pecora Dolly, il primo animale ufficialmente clonato. Analizzando il DNA della famosa pecora, i ricercatori scozzesi scoprirono che la lunghezza dei telomeri corrispondeva a quella attesa per l’età della cellula donatrice. Dolly sarebbe dunque nata geneticamente vecchia di sei anni, l’età della madre.
La lunghezza dei telomeri è quindi un fattore predittivo nei confronti della longevità, esattamente come lo sono i tesoretti staminali disseminati nel nostro corpo. La ricerca della scienza continua.